Convegno Legambiente: I Parchi Regionali
(Roma 25/9/2007)
intervento di Enrico Pane – Vicepresidente del Parco di Veio
Introduzione
Il Parco di Veio fu istituito alla fine del 1997 dalla Regione Lazio su un’area di circa 15.000 ettari, nel quadrante Nord della corona urbana romana. I confine del Parco è compreso tra la Via Cassia e la Via Flaminia, segue grosso modo le due consolari e quindi ha un andamento triangolare. Il vertice sud arriva di poco all’interno del Raccordo anulare, mentre il lato nord può essere identificato con la strada provinciale Campagnanese, che unisce trasversalmente la Cassia e la Flaminia a circa 25 km dal Raccordo anulare. Oltre la Campagnanese il Parco comprende l’area della Macchia di Roncigliano, limitrofa alla riserva naturale della Valle del Treia e al Parco di Bracciano Martignano.
Anche solo da questa sommaria descrizione si può intuire che il Parco di Veio fa strutturalmente parte di un “sistema” di biodiversità che da nord giunge, senza interrompersi, all’interno del tessuto urbano metropolitano.
E proprio il rapporto tra il Parco e Roma rappresenta a mio parere la chiave di lettura più efficace sia della istituzione del Parco e quindi del suo passato che della sua evoluzione futura.
Va infatti subito rilevato che su 15.000 ha quasi la metà (7.000) stanno in Comune di Roma. Gli altri comuni sono: Sacrofano 2400 ha, Formello 2200, Castelnuovo di Porto 1000, Campagnano 800, Magliano 500, Mazzano 500, Morlupo 270, Riano 130. A parte Roma, si tratta di Comuni a vocazione rurale, o meglio con una struttura economica ancora rurale, maggiormente evidente a mano a mano che ci si allontana da Roma. L’espansione urbana legata alla Capitale ha logicamente trasformato Formello molto di più di Magliano (…), ma in una visione di insieme dei territori compresi nel perimetro del Parco di Veio possiamo senza dubbio affermare che essi comprendono una parte nord culturalmente ed economicamente rurale, e una parte sud fortemente antropizzata e con caratteri sociali ed economici “metropolitani”.
Contrariamente a quanto molti cittadini suppongono, l’Ente Regionale Parco di Veio non possiede territori all’interno del Parco, che è per la gran parte di proprietà privata (oltre il 75%), e per la rimanente parte* di proprietà pubblica. Va sottolineato che questa parte pubblica è amministrata oltre che dai Comuni, in buona parte dalle Comunità Agrarie, che sono Enti Pubblici Territoriali, originate dal coacervo dei diritti di pascolo e dalla evoluzione della proprietà fondiaria nel corso degli ultimi secoli. I Sindaci di Comuni (9) costituiscono la “Comunità del Parco di Veio”, che è parte della struttura amministrativa dell’Ente. In particolare la Comunità deve approvare il Bilancio, essere consultata sulle decisioni più importanti, e indicare tre dei sei membri del Consiglio Direttivo dell’Ente. Oltre che di un Consiglio Direttivo, che ha i compiti di indirizzo e controllo, la struttura direttiva del Parco si compone di un Presidente, nominato dalla Regione, e di un Direttore, nominato dalla Regione su proposta del Presidente e del Consiglio Direttivo.
Come si vede il Parco – Ente strumentale della Regione Lazio – ha una struttura gestionale piuttosto complessa, che probabilmente andrebbe rivista e resa più agile.
Presso il Parco di Veio lavorano circa 40 dipendenti regionali, dei quali 15 sono “Guardiaparco”.
La struttura economica del Parco di Veio è piuttosto semplice: la Regione trasferisce ogni anno al Parco circa 500.000 Euro (un po’ meno negli ultimi anni) con i quali l’Ente si mantiene ed attua le sue attività. L’unica cosa non compresa in questo finanziamento sono gli stipendi dei dipendenti, che vengono pagati a parte dalla Regione. L’Ente – sotto il controllo regionale – ha autonomia amministrativa, nel senso che può acquistare e vendere proprietà, introitare e spendere somme eccetera.
A partire dalla sua istituzione del 1997, il Parco di Veio ha avuto una prima fase di impostazione, fino al 2004 con la presidenza Moretti, seguita da una fase transitoria con un CD molto breve e poi un paio d’anni di commissariamento straordinario fino al 2007; da maggio di quest’anno il Parco ha un nuovo CD e un nuovo Presidente che è Fernando Petrivelli. Per un quadro completo della storia gestionale del Parco va detto che il direttore, fin dalla istituzione è stato Roberto Sinibaldi, e che solo da circa un mese gli è subentrato Salvatore Codispoti.
Quindi attualmente il Parco di Veio si trova all’inizio di una nuova fase, con un tutti i suoi organi direttivi e gestionali appena insediati.
Una politica per il Parco
In questa sede vorrei schematizzare gli obbiettivi gestionali del Parco nel modo più essenziale possibile. Ci sono due obbiettivi di importanza strutturale: 1) il reperimento della nuova sede; 2) l’adozione del Piano di assetto del Parco. C’è poi un obbiettivo generale che possiamo definire “consolidamento della identità del Parco” dove possiamo fare confluire tutto quanto attiene alla direzione che il Parco deve avere nella gestione di ogni anno e di ogni mese, insomma nella sua vita quotidiana. In questo “consolidamento della identità” possiamo fare rientrare attività di studio, ricerche, visite guidate, programmi di promozione economica e sociale e nelle scuole, nulla osta edilizi, controllo della flora e della fauna ecc. attività che negli anni scorsi sono state create e portate avanti molto bene, e che il CD, nel preventivo di bilancio 2008, ha confermato, in più incrementando la attività negli istituti scolastici. Come nuovo CD abbiamo dato indicazione di priorità e finanziato in bilancio 2008 le infrastrutture del Parco, che sono tuttora carenti, ovvero tutto ciò che attiene alla concreta vita e fuizione dell’Area protetta: il sistema antincendio prima di tutto e poi gli accessi, le piste ciclabili, i fontanili, i vecchi percorsi come la via francigena ecc. Tra queste che chiamiamo genericamente “infrastrutture” ci sono due progetti che hanno una straordinaria rilevanza: la sistemazione dell’area archeologica di Veio, in atto da parte di una commissione ministeriale istituita dal Vicepresidente Rutelli, della quale facciamo parte, e che farà del sito della antica Veio (a Isola Farnese) un museo all’aperto attrezzato di importanza mondiale, (è in programma che il sito sia gestito poi da una apposita struttura interna all’Ente Parco); il collegamento del Parco di Veio con il Centro Storico di Roma mediante la linea ferroviaria Roma Viterbo, che corre lungo la Via Flaminia, che coincide con il confine del Parco, e che arriva a Piazzale Flaminio (Piazza del Popolo). Ovvero noi speriamo che quanto prima si possa andare in bicicletta dal Palatino a Monte Gentile al centro del Parco di Veio, semplicemente caricando la bici sul treno e scendendo alle stazioni Flaminie esistenti che diverrebbero le “Porte di Accesso” al Parco, e nelle quali vorremmo creare punti informativi e di servizio.
Ora passo brevemente nello specifico dei due obbiettivi diciamo così di portata irreversibile, la sede definitiva dell’Ente, e il Piano di assetto.
Il reperimento della sede definitiva del Parco è un fatto non solo logistico, ma di valenza politica e culturale, destinato a dare identità alla struttura per i prossimi decenni. Attualmente il Parco sta a Campagnano, in una sede provvisoria piuttosto stretta, dislocata su tre immobili. Per intuire l’importanza della scelta della sede, si pensi alla differenza nel dire, un giorno “La sede del Parco di Veio sta a Roma” oppure “La sede del Parco sta a Magliano Romano”. In questo senso, con l’accordo della Comunità, e in particolare grazie al suo Presidente, l’Assessore all’Ambiente del Comune di Roma Dario Esposito, il Consiglio Direttivo ha determinato di reperire la sede nei comuni diciamo “rurali” del Parco, e in questo senso sta lavorando una apposita Commissione che comprende il sottoscritto.
Il Piano di Assetto del Parco di Veio è lo strumento paesaggistico – urbanistico che va a conferire al Parco la sua autonomia e il suo indirizzo di gestione territoriale. Oggi da un punto di vista di cogenza il Piano di assetto di Veio ha assunto una straordinaria importanza, a causa degli avvenimenti urbanistici che si sono succeduti dalla istituzione del Parco in poi. Mi riferisco al nuovo Piano Regolatore di Roma, comune nel quale il Piano di Assetto va ad inserirsi per oltre 7.000 ha, e al PTPR di recentissima adozione, che dà delle prescrizioni di tutela obbligatorie e finalmente coordinate. Sul lavoro necessario a redigere il Piano di Assetto andranno a catalizzarsi anche quelle che possiamo considerare – o meglio che io considero – “illogicità originarie” del perimetro del Parco, che sono essenzialmente due: la sostanziale differenza da considerare tra la zona urbana e la zona rurale, e la perimetrazione a macchia di leopardo, secondo il criterio datato e ormai superato di escludere dall’assetto generale le zone maggiormente antropizzate, quasi che un’area fuori – perimetro, ma all’interno di un Parco che la circonda non abbia relazione viaria, infrastrutturale, sociale, economica e così via con il Parco stesso che le sta intorno per ettari ed ettari.
Naturalmente a questa impostazione errata in quanto portatrice di una antinomia urbanistica tra zone dentro e zone fuori dal Parco sono andate adeguandosi le politiche territoriali (ancora a volte poco evolute) di alcuni Comuni dell’area, cosicchè oggi abbiamo richieste ufficiali da parte dei Comuni (seppure fuori procedura, perché l’adozione del Piano di Assetto non è mai avvenuta), di circa 4.500 ha di scorporamento a fronte di 15.000 ha di superficie compresa nel perimetro.
Va detto per chiarezza che il Piano di assetto del Parco di Veio, seppure tra alterne vicende, va considerato in avanzata fase di elaborazione: un gruppo di lavoro, coordinato da Vezio De Lucia, ha prodotto negli anni scorsi un lavoro che a mio modesto parere è molto valido e ben impostato; il lavoro è di proprietà del Parco ed è patrimonio progettuale dell’Ente. Questo lavoro è stato prodotto negli anni passati, a causa di una serie di vicende sulle quali non voglio dilungarmi non è stato adottato, ed il rapporto professionale con il gruppo De Lucia fu risolto consensualmente. Oggi, soprattutto a causa del tempo che è passato dalla elaborazione di questo lavoro, è necessario rivederlo in quanto sia la normativa, sia l’analisi dello stato di fatto, soprattutto nel territorio del Comune di Roma, non sono più attuali e non sono più proponibili. Il Consiglio Direttivo appena insediato, che è l’organo che deve adottare il Piano, sta lavorando a mettere in atto la procedura più opportuna per arrivare alla revisione e aggiornamento del lavoro già fatto, e successiva adozione nel più breve tempo possibile.
C’è da aggiungere in proposito una considerazione decisiva, che è diretta conseguenza delle “illogicità originarie del perimetro” cui accennavo prima: la vicinanza di Roma ed i suoi conseguenti alti valori immobiliari, ed il conseguente altissimo plus – valore ottenibile dalla trasformazione dei suoli agricoli in edificabili, crea di per sé una logica di pressione da parte dei cosiddetti “poteri forti” immobiliari, ed anche dei “poteri deboli”, ovvero dei comuni cittadini, nel senso che chiunque, nella logica sopra descritta della vecchia pianificazione, quando si traccia una riga per terra e di qua si costruisce e di là si tutela, chiunque, nessuno di noi escluso io credo, spererebbe, solleciterebbe, chiederebbe di tenere fuori dal Parco il suo uliveto che ha ereditato dal nonno.
A questo si aggiunge – nelle comunità che all’inizio ho definito “rurali” – un recente passato di povertà ed ignoranza che non va sottaciuto. Ed anzi voglio aggiungere, seppure di passaggio, che la povertà e l’ignoranza nello stato Pontificio di tanti secoli passati ha creato una cultura locale fiera per tanti versi, ma strutturalmente subalterna, cosicchè oggi nel quadrante di Roma nord le famiglie locali che detengono le proprietà dei terreni vedono nella edilizia dei “romani” la manna tanto attesa e il riscatto socio – culturale desiderato. Ovvero, sulle aree rurali della “corona metropolitana”, esistono punti di vista, intendimenti e programmi di sviluppo che sono profondamente lontani tra loro, e possono arrivare ad essere diametralmente e anzi vorrei dire “drammaticamente” opposti.
In questa sorta di unità di intenti tra “poteri forti della speculazione edilizia” e “gente comune delle zone rurali”, congiunto alla logica di perimetrazione originaria (che io chiamo “della grande muraglia”), va da sé che redigere e portare a compimento il Piano di Assetto del Parco comporta la necessità di un assetto gestionale – amministrativo del Parco saldo e coeso. Che è l’obbiettivo già raggiunto in questi primi mesi, in quanto oggi il Parco di Veio può oggi contare su un CD compatto, che agisce in pieno accordo e condivisione, contrariamente a quanto accadeva in passato, come alcuni sanno.
IL CD sta proprio in queste settimane maturando le indicazioni fondamentali per il Piano di Assetto e la politica conseguente. La mia personale opinione è che dovrà essere rispettata la procedura di adozione, senza le irritualità che sono accadute in passato. Va poi superato il concetto di “grande muraglia”, da un lato confermando l’importanza delle aree adiacenti fuori perimetro, già individuate nel Piano De Lucia, dall’altro cercando di ricucire un tessuto che oggi è a “macchia di leopardo”, comprendendo nel Parco le zone antropizzate e i Centri Storici ovviamente opportunamente normati. Va aggiornata la analisi della situazione esistente, soprattutto in Comune di Roma, ma anche nelle altre zone di “maggiore tensione abitativa”.
L’intendimento è chiudere la porta, lo dico senza perifrasi, alle ville residenziali camuffate, alle furbizie speculative, alle imprese fintamente ambientaliste, eccetera. Viceversa si dovranno permettere ed incentivare le attività realmente biologicamente compatibili cercando, come dicevo prima, di capovolgere la percezione negativa che le popolazioni autoctone della zona rurale hanno della istituzione del Parco e fare diventare la possibile inclusione dentro al perimetro del Parco di Veio, piuttosto che una disdetta, un ambito traguardo.
Conclusione
Capovolgere l’attuale rapporto tra il Parco e il suo territorio, è in sintesi l’obbiettivo che comprende tutti gli altri, e per questo è l’aspetto del mio mandato amministrativo al quale tengo di più. Anche perché, in prospettiva ampia, riguarda la evoluzione della cultura ambientalista, e la sua emancipazione definitiva dai ristretti ambiti iniziali, a patrimonio di fondo di tutti gli strati della popolazione e di tutte le discipline. L’ambientalismo va insomma portato in ogni cosa che si fa, e non è solo un capitolo del libro mastro generale, ma la carta stessa sulla quale tutti quanti scriviamo quel libro.
Il giorno che mi accorgerò che i Morlupesi, o i Maglianesi, con le loro terre, ambiscono ad entrare nel Parco di Veio, perché se stanno dentro lavorano meglio, guadagnano di più, hanno più aiuti, infrastrutture, e fanno prodotti agricoli migliori, quel giorno avrò la consapevolezza di avere fatto un buon lavoro.
Dati sulla proprietà dei suoli (Piano di Assetto – Relazione Par. 3.7.4):
Università agrarie = 1.165 ha; Comuni = 2.240 ha; Altri (Demanio, Istituto cerealic.) = 335 ha.
Totali: proprietà pubbliche circa ha 3.400 (22,6%) ; prop. private circa ha 11.600 (77,4%)