La sorte ha voluto che il Professor Lugli sia scomparso a giugno 2008, nello stesso momento in cui il “suo” Piano Regolatore di Roma del 1962 viene sostituito da un nuovo Piano del tutto diverso che non gli piaceva. Per singolare coincidenza anche Mario Fiorentino, progettista con Lugli di “Corviale” e per alcuni anni suo fraterno amico, mori (prematuramente) poco dopo l’inaugurazione della sua “città’ verticale”.
Con Lugli viene a mancare forse l’ultimo esponente della generazione degli architetti romani attivi nel dopoguerra, che è stata una vera scuola apprezzata in tutto il mondo, con i nomi, tra gli altri, di Ludovico Quaroni, Bruno Zevi, Mario Ridolfi, Maurizio Sacripanti, Mario Fiorentino, Michele Valori.
L’eredita’ culturale di Piero Lugli sta nell’essere stato protagonista in questo gruppo, come il maggiore esponente per quanto riguarda la pianificazione territoriale, apportandovi gli sia elementi della cultura cattedratica (il padre Giuseppe fu allievo di Rodolfo Lanciani) sia quelli del “movimento moderno”, appresi in Svezia negli anni della sua formazione.

antenati

Gli Autori del PRG di Roma del 1962

Di seguito due articoli (tratti da “La Repubblica”) che lo ricordano. In particolare il secondo, una intervista del 1999, tratta del nuovo Piano Regolatore di Roma (per il quale era consulente Campos Venuti) rispetto al “suo” del 1962. Prefigurando la necessità di una pianificazione territoriale ben più ampia dei confini del Comune di Roma, l’intervista mostra l’attualità della concezione urbanistica di Lugli.

Disegno originale di Lugli per un Piano urbanistico intercomunale

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Addio a Piero M. Lugli creò Roma moderna

Repubblica – 01 luglio 2008   pagina 1   sezione: ROMA

Con la sua bella faccia da antico romano, di battaglie, per Roma e per l’ urbanistica, ne ha fatte molte. Prima fra tutte quel piano regolatore che negli anni Sessanta ha traghettato la Capitale nella modernità. Ma ora che Piero Maria Lugli ci ha lasciato ci viene in mente anche una delle sue ultime, quella per l’ Auditorium al Borghetto Flaminio. “Lì” diceva “sarebbe meraviglioso inventare un’ architettura per la città”. Se n’ è andato a 84 anni. Piero Maria Lugli è stato uno dei protagonisti della difficile, appassionante, lontana stagione italiana della ricostruzione. Quando giovani architetti, come Quaroni, Samonà, Piccinato, Fiorentino, Lugli, rialzarono la testa dalle macerie del Fascismo immaginando una rinascita del Paese che fosse morale prima ancora che edilizia. La rifondazione della città sui pilastri della Resistenza e di una moralità nuova. Dopo l’ esperienza nel Corpo di liberazione nazionale, Lugli nel 1947, a 24 anni, si laurea alla Sapienza. Nello stesso anno va a studiare in Svezia come borsista e apprende la funzionalità e il rigore dell’ architettura scandinava, esperienza che traspone nel gruppo che nel 1949 progetta il quartiere Tiburtino III, pilastro del neorealismo e dell’ architettura italiana, ma anche, nel 1951, nel piano per il borgo della Martella a Matera. Figlio dell’ archeologo Giuseppe Lugli, il giovane architetto fonda il suo lavoro sulla storia del contesto e sull’ analisi della città. Dei primi anni Cinquanta sono i progetti dei quartieri Ina Casa e Gescal di Rimini. Nel 1958 redige con altri urbanisti il Piano intercomunale di Roma, premessa al Prg del 1962 di cui è uno dei “cinque padri”. Ha firmato i piani dei centri storici di Tivoli, Belluno, Siracusa, Nettuno, Marino, Albano. E, come progettista, a Roma ha realizzato, tra l’ altro, il quartiere di via Pezzana ai Parioli, il palazzo delle Pensioni a Porta Maggiore, quello dell’ Acea a piazzale Ostiense. Accademico di San Luca, Lugli ha insegnato fino al 1996 alla Sapienza. è autore di libri importanti sulla città, moderna e antica: da I tipi edilizi della città moderna del 1955 a La Forma urbis Romae tra ieri e domani del 1986. – PAOLO BOCCACCI CARLO ALBERTO BUCCI

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Senza idee guida solo pannicelli caldi

Repubblica – 17 febbraio 1999   pagina 2   sezione: ROMA

Intervista a Piero Maria Lugli

Architetto LUGLI, Campos Venuti dice: “L’ asse attrezzato di Piccinato era già un anacronismo”.

“Tanto per cominciare non sanno che l’ asse attrezzato l’ ha inventato Quaroni. Il 18 gennaio del ‘ 50 dall’ Inarch lui chiese al Comune un nuovo piano regolatore e alla lettera accluse un disegno, con il cosiddetto asse attrezzato, che poi fu ripreso da me e dagli altri urbanisti del piano regolatore del ‘ 62”

Però, al di là delle paternità, rimane il discorso sulla strada invece che il metrò…

“Allora devo dire che sono doppiamente ignoranti. L’ asse direzionale era un sistema molto complesso. C’ era la strada, ma c’ era anche la famosa linea D del metrò che portava all’ Eur. E questo prima di Bruxelles, prima della Defence di Parigi…”

Insomma vuol dire che non hanno inventato niente?

“Voglio dire che rabberciano quello che trovano. Ma manca qualsiasi idea, qualsiasi strategia. Roma non sarà mai più una città moderna. Invece, nel piano del ‘ 62…”

Che cosa c’ era in più?

“C’ era una grande scelta dietro: costruire una città parallela, la Roma Moderna, senza toccare, anzi preservando quella antica”.

Lei riesumerebbe il vecchio Sdo?

“No, ormai è morto e sepolto. L’ unico modo di progettare una Roma moderna è quello di allungare il respiro del piano a scala provinciale, regionale. Ormai nel territorio della città, frazionato, spezzettato, si possono solo mettere pannicelli caldi”.

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