Alla vicenda del Piano Regolatore di Roma (qui la storia ) si aggiunge un nuovo capitolo, sottoforma di una Sentenza del TAR del Lazio del 4 febbraio 2010 che, riguardando una materia (la perequazione urbanistica) largamente praticata nei nuovi Piani Regolatori di tutta Italia, avrà conseguenze anche nella pianificazione di altre importanti città, a cominciare da Milano.
La “perequazione urbanistica” é una tecnica di pianificazione che permette in sostanza di distribuire le volumetrie edificabili in modo equo, attribuendo ai suoli valore edificatorio, ma traslando le costruzioni “tutte da una parte”, in modo da concentrarle e raggrupparle, e lasciare così libere vaste porzioni di suolo per usi pubblici.
Chi volesse approfondire, seppure schematicamente, puo’ vedere un opuscolo illustrato del Comune di Parma cliccando qui.Quello che interessa qui raccontare é che la sentenza del TAR del Lazio (clic qui) va ad inserirsi in una vicenda che non solo va ben oltre il Piano Regolatore di Roma, ma ha piuttosto a che fare con le fondamenta stesse dello stato italiano. Infatti la domanda da porsi é: “ Il suolo italiano é costruibile?” Ed é una domanda che dal 1865, praticamente dall’Unita’ d’Italia, non ha ancora avuto una risposta certa. Perché se la risposta é “SI” le regole territoriali possono solo vietare di costruire, allorquando ci siano validi ed argomentati motivi. Se la risposta é “NO”, le regole territoriali possono solo permettere di costruire, se ce n’e’ il motivo, e il principio é capovolto. In 150 anni si é passati varie volte dal SI al NO e viceversa, a partire dalla Legge per il Centro Storico di Napoli che per prima, appunto nel 1865, affrontò il problema. Lo stesso titolo del pezzo di carta che permette di costruire un edificio ha dovuto cambiare nome, in conseguenza del cambio di principio di fondo: molti ricorderanno che si chiamava “Licenza edilizia” prima del 1978; successivamente prese il nome di “Concessione edilizia”; poi di “Permesso di costruire”, ogni volta adeguandosi al cambio di principio di fondo, o se vogliamo al persistere della sua indeterminatezza.
Si intuisce facilmente che se “come principio” il suolo italiano non é edificabile, inserire nei Piani Regolatori dei meccanismi che prevedano l’obbligo di spostare le future cubature da un punto ad un altro, e anche che esse vengano in parte cedute al Comune, risulta piuttosto logico e giuridicamente fattibile. Che é quello che prevedeva il Piano Regolatore di Roma e che prevedono gli altri Piani approvati recentemente. Ma la Sentenza del TAR in proposito dice una cosa importante: non c’é una legge che preveda e quindi legittimi questi meccanismi. Questo specificatamente per la Regione Lazio e di conseguenza per il PRG di Roma. Ma la questione, in un’ottica piu’ generale, deriva dal fatto che non c’é una legge – quadro che dica esplicitamente SI o NO alla domanda di cui sopra. E poiche’ i Comuni (titolari dei Piani Regolatori) non hanno il potere di fare le leggi – ma solo di applicare quelle esistenti – se una legge non prevede una certa cosa, ma un Comune prevede la cosa nel suo PRG, se un cittadino sostiene di riceverne un danno, la cosa non si puo’ fare.
Come si puo’ vedere la questione non é semplice, anche se abbiamo molto schematizzato. La Magistratura giustamente si occupa di Leggi e di Diritto e non di Pianificazione. La Pianificazione a sua volta ha necessita’ di evolversi, ed individure i meccanismi e i sistemi che rendano possibile migliorare la citta’ e gli spazi pubblici in modo sostenibile per le finanze comunali. Se c’e’ una carenza normativa ci si chiede cosa abbia fatto il Legislatore, specie negli ultimi 40 anni e perche’ non abbia provveduto. In particolare si pensa a quella parte politica e a quella cultura (la Sinistra) che si e’ battuta per l’equa gestione del territorio, ma che poi ha evidentemente trascurato di costruirne la base giuridica.
Di fatto oggi Roma si trova senza la possibilta’ di attuare una importante parte, forse la piu’ innovativa, del suo PRG. Si preannunciano contro – ricorsi alla Sentenza del TAR e anche proposte di Legge in Parlamento. Che pero’ verrebbero dopo l’approvazione del PRG di Roma e degli altri, e che quindi da sole non sarebbero risolutive. Anche perche’ la potesta’ legislativa in materia urbanistica e’ di ogni Regione. Di fatto siamo in un momento in cui l’attuazione e la stessa concezione della Pianificazione “moderna”, usata in tutta Europa – che applica equita’ e sostenibilita’ ambientale – in Italia, dopo una stagione di proficuo avanzamento, subisce uno stop. Mancano le fondamenta, mica una cosa da poco….