La recente sentenza del Consiglio di Stato sul Piano Regolatore di Roma rende necessaria una (almeno sommaria) ricapitolazione della vicenda, che finora non ho trovato da nessuna parte. (1)
Cominciamo dall’inizio. Durante il primo mandato della Giunta Rutelli (1993-1997) viene impostato un profondo lavoro di ri-pianificazione della citta’, e soprattutto delle sue periferie. Viene istituito un apposito “Ufficio per le periferie” diretto da Daniel Modigliani, persona esterna agli “apparati” e stimato architetto. Si parte dalle zone “O”, che sono l’ultima perimetrazione delle zone abusive effettuata negli anni ’70 e che attendono di essere sistemate. Ben presto ci si accorge che i Piani delle zone “O” (oltre 80) – che pure vengono via via redatti e approvati – sono solo un aspetto della pianificazione generale, e che sarebbe necessario mettere mano e rifare daccapo un nuovo Piano Regolatore per tutto il Comune di Roma e possibilmente per il suo cosiddetto “hinterland” in tumultuosa e disordinata espansione.
L'”Ufficio per le Periferie” del Comune, all’EUR, diventa negli anni ’90 un laboratorio non solo di idee, ma di tecnica e modalita’ di progettazione territoriale. Sotto la direzione di Modigliani, e con l’apporto di una nuova generazione di architetti romani formatasi negli anni ’70, risultano evidenti i limiti e le inadeguatezze strutturali del Piano Regolatore del 1962 in rapporto alle problematiche e alle necessita’ attuali. Il vecchio Piano di Lugli, Valori, Piccinato e Passarelli, concepito negli anni ’50 e basato sulle “zone”, ovvero sulla rigida ripartizione del territorio in diversi colori, nel quale era assente ogni definizione formale degli interventi da farsi, mostra oggi tutti i suoi anni.
Ma non si tratta di una questione solo romana: tutta la pianificazione territoriale, ovunque, ha la necessita’ di adeguarsi ad una societa’ in profonda evoluzione, le cui direzioni sono oltretutto impossibili da prevedere. Questa problematica viene in qualche misura recepita sia dalla legislazione regionale che da quella nazionale: seppure in modo non organico negli anni ’90 vengono varati strumenti di modificazione territoriale che permettono una maggiore agilita’ decisionale nonche’ il coinvolgimento economico e progettuale dei privati nella strutturazione dei servizi. Il punto e’ che per Roma, data la sua grandezza e la sua complessita’, e’ indispensabile un quadro di insieme, una tela unica sulla quale dipingere un nuovo quadro.
Da questi presupposti nasce la decisione di Rutelli di partire con un nuovo Piano Regolatore per Roma. Non fu una decisione facile, considerato il fatto che, solo l’annuncio della intenzione di mettere mano al Piano Regolatore della Capitale provocava allarme e agitazione nelle varie stratificazioni economiche, sociali e politiche che tradizionalmente – vorrei dire da secoli – hanno a che fare a Roma con i suoi assetti territoriali (1). Ma la decisione fu presa, e la nave salpo’ senza sapere se, come e quando sarebbe arrivata a destinazione. Gia’ all’inizio del mandato Rutelli nel 1994 fu varata una Variante al PRG, chiamata “Variante delle certezze”, che di fatto impostava le linee – guida di una diversa programmazione del territorio. Successivamente per alcuni anni un ampio gruppo di lavoro – che ebbe alterne vicende, e del quale fece parte all’inizio anche Giuseppe Campos Venuti (2) – lavoro’ a ripensare e ri-pianificare daccapo i quasi 1300 chilometri quadrati del piu’ vasto comune di Italia.
Ci vollero diversi anni per completare il lavoro. L’Ufficio per le Periferie dell’EUR nel frattempo anticipava e verificava gli stralci di quello che sarebbe diventato il progetto generale. Venne fuori (non so bene da dove) la definizione del metodo come “pianificar facendo”, ad indicare la novita’ di una progettazione urbana non rigida, ma in grado di adattarsi alle esigenze che si presentavano in una metropoli sempre piu’ complessa (3). Finalmente all’inizio del 2003 si arrivo’ alla adozione in Consiglio Comunale del nuovo Piano Regolatore di Roma, con Valter Veltroni Sindaco e Daniel Modigliani responsabile di tutto il nuovo Piano Regolatore.
Non e’ il caso in questa sede di analizzare le caratteristiche del nuovo Piano, che fin dall’art. 1 delle Norme indicava tra le sue finalita’ la “perequazione” e la “sostenibilita’ ambientale”. In sostanza – al di la’ della ovvia considerazione che ogni progetto e’ sempre migliorabile – la metodologia e la struttura del Piano prefiguravano l’apertura di un capitolo nuovo, o meglio l’inizio di un intero libro nuovo per la gestione del territorio della Capitale.
Tra pubblicazione degli elaborati, osservazioni controdeduzioni, confronti e pareri, furono necessari altri cinque anni. In questa fase il Piano venne rivisto e modificato, anche piuttosto in profondita’. Come previsto dalla procedura, tutti gli attori, dai semplici cittadini, ai costruttori, alle istituzioni politico – amministrative, ebbero la possibilita’ di dire la loro, proporre modifiche, prefigurare esigenze. Questa fase – prevista dalla Legge, e per la quale non vi e’ un tempo contingentato – rappresentava il passaggio forse piu’ difficile da portare a termine, una sorta di quadratura del cerchio tra le esigenze di tutti, spesso contrapposte. La contingenza o forse il caso diedero una mano, sottoforma della candidatura di Valter Veltroni a leader del centrosinistra alle elezioni politiche nazionali previste nella primavera del 2008, il che comportava per il Sindaco di Roma l’obbligo di lasciare il Campidoglio entro una certa data. Questo produsse una imprevista accelerazione dei tempi del PRG, perche’ mise Veltroni e la sua Giunta davanti ad una sorta di aut – aut, riassumibile in :”ora o mai piu'”. Fu “ora”, e fu necessaria anche una buona dose di coraggio, proprio come era stato per fare partire il Piano che ora arrivava a destinazione: l’ultimo giorno utile prima delle obbligatorie dimissioni del Sindaco, il 12 febbraio 2008 il Consiglio Comunale di Roma approvo’ definitivamente il nuovo PRG.
Va da se’ che l’urgenza e la necessita’ di “chiudere” il PRG ed approvarlo non permisero di definire esattamente tutte le consultazioni, i contributi e le richieste. In sostanza qualcuno, e piu’ d’uno, non fu soddisfatto degli indirizzi del Piano, in particolare dei meccanismi compensativi e di valorizzazione immobiliare operati (4). Accadde anche che – a prescindere dalle scelte dell’Amministrazione capitolina – alcuni tra i maggiori costruttori romani avessero concluso tra loro importanti compravendite proprio a ridosso della approvazione definitiva, scommettendo sulle destinazioni dei suoli. E, come in tutte le scommesse, ci fu chi indovino’ la previsione e chi no. In particolare, al Progetto adottato nel 2003 negli ultimi mesi furono apportate alcune “varianti” che secondo gli avvocati di chi si riteneva danneggiato, avrebbero dovuto – per la loro importanza e le loro caratteristiche – comportare la ripubblicazione, ovvero un iter molto piu’ complesso e molto piu’ lungo, che avrebbe comportato il superamento del termine obbligatorio delle dimissioni di Veltroni. Ci avrebbe dovuto pensare il nuovo Sindaco di Roma, e l'”ora o mai piu'” sopra citato avrebbe corso il rischio (reale, possiamo dire oggi) di essere “mai piu'”.
Ecco quindi che arriviamo, dopo l’approvazione del Piano a febbraio 2008, ai ricorsi giudiziari di alcune societa’ immobiliari, le quali contestano prescrizioni del Piano di alcune aree, e chiedono la “sospensione” dell’Atto di approvazione del Piano, ovvero la sua non-efficacia temporanea in attesa della sentenza. Il Tribunale Amministrativo a marzo 2009 concede ai ricorrenti la sospensiva (CLIC QUI) e il Piano Regolatore di Roma diviene “non vigente”. Venti giorni dopo il Tribunale Amministrativo di secondo grado (il Consiglio di Stato) sospende la sospensiva, ripristinando provvisoriamente la validita’ del Piano (CLIC QUI). A settembre 2009 lo stesso Consiglio di Stato emette la sentenza con la quale viene definitivamente ripristinata la piena vigenza ed efficacia del PRG approvato nel 2008 (CLIC QUI). Tuttavia questa sentenza non chiude definitivamente la questione. Restano pendenti altri giudizi di merito (2), che proseguiranno il loro iter.
(1) Chi volesse approfondire puo’ trovare un articolo di Paolo Berdini sullo stesso argomento QUI
(2) Aggiornamento del 21 febbraio 2010: “Il TAR annulla la perequazione” clic QUI
NOTE
(1) A questo proposito mi piace ricordare un episodio personale, che puo’ dare l’idea della grande difficolta’ di “mettere mano” al nuovo PRG. Qualche mese dopo la vittoria di Rutelli su Fini alle elezioni comunali del 1993, andai a trovare il nuovo Sindaco, che conoscevo fin dai tempi del liceo. Appena iniziato il colloquio, dopo pochi minuti Rutelli fu chiamato d’urgenza fuori dal Campidoglio per non so quale sopravvenuta incombenza, e mi disse: “Accompagnami, cosi’ parliamo per strada.” E cosi’ mi trovai a dover scegliere, tra le varie cose che avevo da dirgli, quella che mi sembrava piu’ importante, visto che non c’era tempo ne’ modo per parlare di tutto. Mentre attraversavamo di corsa, tra gli uomini della scorta, una Piazza Venezia piena di traffico e livida di pioggia, tra gli strombazzamenti dei clacson gli dissi quasi gridando: “France’, bisogna fare un nuovo Piano Regolatore”. “Una variante sicuramente la facciamo…” mi rispose. (Riferendosi evidentemente alla “Variante delle certezze”, che fu effettivamente varata pochi mesi dopo). “Ci vuole un Piano completamente nuovo” insistetti “, ora che tu sei il Sindaco e’ il momento di farlo”. “E’ prematuro Enri’, si smonta tutto il cucuzzaro”: mi rispose Rutelli, indicando con una espressione del nostro “gergo giovanile”, il coacervo di interessi e resistenze che un nuovo assetto del territorio avrebbe comportato.
(2) Sulla partecipazione di Campos Venuti, classe 1926, sarebbero necessari maggiori particolari, che tuttavia in questa sede risulterebbero forse noiosi. Di fatto la presenza del Professore nel grupo di lavoro permetteva di evitare la “rottura” drastica con la cultura accademica e urbanistica tradizionale (seppure Campos ne rappresentasse la parte oggettivamente piu’ avanzata). La cosa non funziono’, e Campos dopo alcuni anni di lavoro ritiro’ la sua consulenza e la sua firma dal progetto che si andava elaborando.
(3) Il principale limite dei Piani Regolatori tradizionali sta nell’intervallo di tempo che intercorre tra la loro concezione e la loro successiva attuazione. Dati i passaggi obbligatori e necessari di verifica e partecipazione popolare, nonche’ i successivi livelli di approvazione burocratica, tra il periodo della stesura e il momento della vigenza di uno strumento di Pianificazione generale passano tra i cinque e i dieci anni, a volte anche di piu’. Per un “Piano classico”, ovvero per uno strumento che va a definire l’assetto “definitivo” del territorio, si tratta di tempi non comprimibili. Di conseguenza accade che il Piano, gia’ nel momento in cui arriva a diventare vigente, e’ di fatto vecchio e inadeguato, in quanto non solo la situazione fisica del territorio, ma anche i suoi presupposti economici e sociali sono quasi sempre cambiati. Di qui la costante inadeguatezza della pianificazione classica – derivante in Italia dalla Legge urbanistica del 1942 – rispetto alle reali esigenze del territorio: non solo in oltre mezzo secolo si e’ enormemente ridotto il tempo nel quale avvengono i mutamenti sociali ed economici, ma e’ di pari passo aumentata la complessita’ dei sistemi urbani, con una acccelerazione mai vista nella storia della umanita’. Di qui la necessita’ di concepire una pianificazione in qualche modo “flessibile”, in grado di recepire, all’interno di un disegno generale, le esigenze che dovessero presentarsi, nuove, cambiate o sopravvenute: insomma del tutto impossibili da prevedere anni prima (e a volte neppure mesi prima) in fase di progettazione.
(4) Una delle critiche piu’ forti al Piano venne a maggio 2008 da una puntata della trasmissione REPORT su RAI 3. (continua…)